Personaggi storici
Don Gaetano Tantalo
Grande Figura Spirituale del Novecento
La data di nascita di Gaetano Tantalo risale al 3 febbraio 1905 in Villavallelonga. I genitori Luciano e Maria Coccia lo hanno battezzato il 12 dello stesso mese e, quale primogenito della famiglia, gli hanno fatto ritenere, come è tradizione nel paese, il nome del nonno paterno.
Nell’estate del 1947 Don Gaetano trascorre un breve periodo a Villavallelonga, poi torna a Tagliacozzo, ma le sue condizioni si aggravano rapidamente e nelle prime ore del 13 novembre giunge la sua santa morte.
La sua famiglia
Nel quadro della spiritualità del secolo si può collocare uno dei personaggi del luogo che ha lasciato forti ricordi nella Marsica. Si tratta del sacerdote Gaetano Tantalo, assai conosciuto per le sue implicanze con la vita popolare e per gli esempi di eroismo cristiano. Con gli studi sulla sua personalità e con l’inizio della pubblicazione dei suoi carteggi si prospetta appunto una sua collocazione nell’ambito delle grandi figure spirituali del Novecento.
Prima ancora di approfondire questa conoscenza, pensiamo utile tracciare le linee essenziali della sua esistenza e rilevare i segni che il popolo ha voluto fissare nel tempo a testimonianza delle sue storiche vicende.
La data di nascita di Gaetano Tantalo risale al 3 febbraio 1905 in Villavallelonga. I genitori Luciano e Maria Coccia lo hanno battezzato il 12 dello stesso mese e, quale primogenito della famiglia, gli hanno fatto ritenere, come è tradizione nel paese, il nome del nonno paterno.
Una famiglia di pastori e di contadini, umile e semplice, povera e numerosa, come tante altre a Villavallelonga. La vita di Gaetano si consuma nel breve volgere di 42 anni ed è punteggiata di eventi che documentano il patrimonio umano e cristiano di un’anima penitente, nello scorcio di uno dei periodi più complessi e controversi della storia.
Il terremoto marsicano, la grande guerra, il fascismo, il secondo conflitto mondiale, il trapasso dalla monarchia alla repubblica, sono tutti contenuti nell’arco della sua breve esistenza.
Il Paese natale
Il paese natale vive i primi tentativi per sottrarsi all’isolamento plurisecolare; dopo il prosciugamento del Lago di Fucino (1876), nei primi anni del Novecento si costruisce la prima strada rotabile che lo pone in comunicazione con gli altri paesi della Marsica; si attiva un servizio postale con carrozza a cavalli e si impianta l’ufficio postale e il servizio telegrafico; si inaugura l’illuminazione pubblica nel 1925; mancavano ancora le fognature e il servizio idrico.
Tale ambiente, all’estremità sud-orientale delle montagne marsicane, ha costituito una culla di valori religiosi il cui spirito viene provato dai due Canonicati della parrocchia che per antica tradizione hanno investito due canonici del luogo.
Il sacerdote Tantalo, per via di arcane ispirazioni che si tramandano nella storia millenaria di un popolo, è appunto al culmine di questa tradizione ed in sé riassume e vive la più alta espressione di quei valori.
Non vi è fase della sua vita in cui non si abbiano segni della manifestazione divina nelle vicende da lui vissute.
La sua infanzia
Durante l’infanzia, Gaetano pone in evidenza una originale condizione di spirito, mostra l’attaccamento alla terra natale, gode dell’amicizia dei compagni, è sensibile e attento alle cerimonie e ai festeggiamenti religiosi. Nel gioco non manca di commettere imprudenze e, a sei anni, cade in una fossa di calce, vi affonda, ma poi riesce a sottrarsi alla trappola mortale senza che le persone accorse, alquanto terrorizzate e capaci solo di gridare, possano arrecare il benché minimo aiuto.
A scuola manifesta un precoce apprendimento nella scrittura e nella lettura, ma nella preparazione alla Cresima stupisce tutti per la formidabile memoria che gli faceva ricordare ogni principio e norma della dottrina cristiana; così, a soli sette anni, riceve dalle mani del Vescovo dei Marsi, Mons. Bagnoli, il Santo Sacramento della Cresima.
Alle ore 7,55 di mercoledì 13 gennaio 1915, Gaetano è gia entrato nella casa adattata a scuola proprio vicino alla sua abitazione e la terra trema paurosamente per venti secondi. La terribile scossa del sisma marsicano è gia passata e fra le trentamila vittime poteva essere compreso anche il piccolo Gaetano, ma il suo corpicino è sommerso da un cumulo di macerie e, ancora vivo, sanguinante e con gli occhi fuori dalle orbite, viene estratto e trasportato di corsa in ospedale: è la sua salvezza.
Dopo il terremoto incombe la prima guerra mondiale e Papà Luciano lascia la famiglia per servire la Patria e torna dopo le operazioni belliche, ma non passano molti mesi che la sua esistenza cessa per causa del servizio di guerra. La madre Maria, soprannominata Mariabella, rimase vedova e con grande forza d’animo mantiene la famiglia di quattro figli, mentre altri due erano morti nella prima infanzia. Continua tuttavia ad assecondare la decisione del primogenito Gaetano, che, nel novembre 1918, era entrato in Seminario presso la sede provvisoria di Tagliacozzo ed in seguito si era trasferito a frequentare il secondo ginnasio presso il Seminario di Avezzano, appena edificato dopo il sisma del 1915 che aveva provocato la distruzione del Seminario di Pescina.
Gli studi affinano le capacità di riflessione e di meditazione del giovane, mentre l’intelligenza ricerca le prime soluzioni ai misteri della fede cristiana e matura il comportamento solidale che connota la sua forte personalità, ad un tempo e senza contrasto, umana e critica. Con i compagni di studi (Colucci, Celi, ed altri) e con gli amici manifesta un naturale portamento al sorriso e la grande disponibilità a compenetrarsi nelle vicende umane di ciascuno, facendosi apprezzare per l’energia interiore della sua formazione spirituale e per il patrimonio del suo sapere che non esibisce in tutte le circostanze, ma soltanto all’occorrenza.
Agli studi liceali segue la preparazione al sacerdozio nel Seminario regionale di Chieti dove entra nel settembre del 1923. I germi di vocazione si consolidano con gli insegnamenti culturali e spirituali, ma trovano un sicuro fondamento nella indagine teologica. Il chierico Tantalo viene ricordato come un piccolo genio, modello di pietà e disciplina, grande estimatore dei suoi docenti.
Inizi della sua vocazione
Alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale prega Cristo di rivestirlo con le sue virtù e l’11 giugno del 1930 fa la domanda di ammissione all’esorcistato, accolitato, suddiaconato, diaconato e presbiterato con un passo definitivo di rinuncia al mondo e di accettazione incondizionata del servizio religioso.
Il 10 agosto 1930 giunge l’ora tanto attesa e, pieno di emozione, viene ordinato sacerdote dal Vescovo dei Marsi Mons. Bagnoli nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni in Avezzano.
Il 15 agosto è già a Villavallelonga, dove trova i suoi compaesani ad attenderlo in due lunghissime file per onorarlo e partecipare alla sua solenne prima messa. Il 30 novembre rinuncia al beneficio che gli era stato assegnato, quale canonico del luogo, e riceve i primi incarichi. Dapprima viene chiamato ad assolvere le funzioni di vice direttore e padre spirituale del seminario diocesano fino al giugno del 1933; poi, viene nominato coadiutore della parrocchia di San Giovanni ad Avezzano dall’8 luglio 1933 a tutto luglio 1936. Come professore il Tantalo insegna le lettere italiane, latine e greche, nonché la matematica, e introduce nell’insegnamento le prime importanti innovazioni fondate sulla pedagogia della disponibilità. Nel 1935 è chiamato per un breve periodo a sostituire il parroco di Villa San Sebastiano, dove si rende protagonista di una svolta rivoluzionaria, certamente nuova, nei rapporti tra i cattolici e la locale comunità protestante.
Periodo del Nazismo
Don Gaetano considera fratelli sia i protestanti che gli ebrei, e i relativi episodi, di cui si è reso interprete, documentano lo spirito di cristiana fratellanza, in attuazione, ante-litteram, del messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II.
In quegli anni (’35-’36) viene anche chiamato a svolgere il servizio religioso presso la Parrocchia di Antrosano.Al fratello Pasquale che gli chiede consiglio, volendo seguire anche lui la strada del sacerdozio, risponde decisamente che il prete è “preta”, cioè un sasso, un uomo di carattere e poi un Santo; sicché Pasquale, seppure ammonito, promette il massimo impegno, segue gli studi teologici e diviene sacerdote.
Don Gaetano non avrebbe mai potuto rinunciare ad alcun incarico, desideroso com’era di soffrire e di condurre una vita di penitenza, ritenendosi sempre insoddisfatto nel desiderio di comportarsi da perfetto Servo di Dio per avvicinarsi il più possibile al modello di Cristo.
Le conseguenze però non tardano a manifestarsi ed il precario stato di salute ne consiglia la nomina come Parroco di S. Pietro a Tagliacozzo alto, dove si reca fin dal 1936.
Nella cura delle anime, egli riserva un grande amore ai bambini che chiama con candore “fiorellini di neve”. Anche i poveri sono al centro delle sue attenzioni e con essi fraternizza al punto da essere il povero fra i poveri, donando ogni cosa di cui potesse disporre e accettando quel che il povero ricambiava senza per questo umiliarlo. Con il freddo cede il cappotto, lungo la strada dona le scarpe e rinuncia al cibo, sul basto del mulo non chiede coperte, da Tagliacozzo a Villavallelonga percorre la strada a piedi, spesso scalzo e sulla neve; è una continua sofferenza e una ricerca di privazioni che quell’anima assetata di Cristo imponeva al suo corpo.
Giunge l’8 settembre 1943 e l’Italia di Badoglio confonde i ruoli delle parti in guerra ed espone gli ebrei alle persecuzioni e alla furia omicida dei tedeschi.
Le vicende di una famiglia ebraica si legano al parroco di Tagliacozzo e rivelano un Don Gaetano incurante della politica antisemita del governo fascista e degli ordini di persecuzione emanati dalle autorità naziste. La famiglia Orvieto-Pacifici di Roma era solita trascorrere a Magliano dei Marsi i periodi estivi e intratteneva cordiali colloqui con il parroco del luogo.
Per suo tramite, appunto, avevano avuto modo di conoscere Don Gaetano, di cui tanto bene avevano sentito dire, e con lui avviano anche rapporti epistolari che si concludono con saluti ebraici.
Nei giorni che precedono la retata nazista del 16 ottobre 1943 a Roma; i componenti della famiglia Orvieto-Pacifici sono in fuga sui monti dell’Abruzzo, ma non possono rifugiarsi a Magliano dei Marsi per la presenza nel luogo di un comando tedesco. Così, l’ 11 ottobre bussano alla porta della parrocchia di Tagliacozzo alto, ma Don Gaetano si trova a Villavallelonga e la sorella Domenica, detta Cocuccia, li accoglie a braccia aperte in attesa del fratello.
Il giorno dopo Don Gaetano è di ritorno, riabbraccia i sette amici e per nove mesi li nasconde, festeggiando con loro la pasqua ebraica e conservando gelosamente un pezzetto di azzima, il cibo ebraico per questa festività.
Proprio l’11 ottobre, durante la permanenza a Villavallelonga, per la quale era stata pronunciata una sentenza di sterminio, il parroco eroico, di fronte alla violenza tedesca e incurante della sua persona, si era offerto per essere fucilato al posto dei compaesani e certamente il suo gesto contribuì a salvare il paese (questa pagina di storia viene descritta in dettaglio nel paragrafo dal terremoto alla seconda guerra mondiale).
Anche a Tagliacozzo Don Gaetano è protagonista di un analogo episodio. Il 6 giugno 1944, in tempi di ritirata, le truppe tedesche fanno una retata, perché alcuni uomini avevano cercato di impedire la distruzione della locale centrale elettrica; di conseguenza scelgono alcuni ostaggi e fissano un termine per la consegna dei responsabili.
Il parroco viene informato del fatto e subito accorre, ma, vista l’inutilità delle sue spiegazioni, implora in ginocchio di essere fucilato al posto dei presunti responsabili, purché si lascino liberi gli innocenti ostaggi. I tedeschi sprezzanti rispondono che l’indomani ne avrebbero fucilato uno in più e lo aggregarono agli altri. Il mattino successivo, anche per l’avanzata degli alleati, l’esecuzione non viene compiuta perché durante la notte i tedeschi si erano arretrati e gli ostaggi potevano essere liberati.
Dopo la guerra e le terribili ma eroiche esperienze vissute, Don Gaetano ha il fisico ormai compromesso e si ammala di bronco-polmonite.
La famiglia Orvieto-lacifici, riconoscente, lo obbliga a stare presso la loro abitazione a Roma e poi in clinica, ma i miglioramenti sono più apparenti che reali.
Nell’estate del 1947 Don Gaetano trascorre un breve periodo a Villavallelonga, poi torna a Tagliacozzo, ma le sue condizioni si aggravano rapidamente e nelle prime ore del 13 novembre giunge la sua santa morte.
Dopo l’indicazione dei fatti salienti della vita di Don Gaetano, è opportuno rilevare i segni della sua presenza spirituale nei tempi che seguono la pia morte.
Dapprima il grandioso funerale nella chiesetta di S. Pietro a Tagliacozzo e l’omelìa di Padre Erasmo (O.F.M.) che commenta le parole della S. Scrittura: “consumatus in brevi, explevit tempora multa”, cioè, « morto prematuramente, è vissuto a lungo » e nel contempo non ha difficoltà a giudicare le sue stesse parole, rotte dal pianto, il panegirico di un autentico Santo.
A Villavallelonga, nel cimitero comunale, viene sepolto a terra, come era nella sua volontà, e sulla sepoltura viene posta una croce di legno con su scritto semplicemente « m. 13-11-47 Don G.T. »; ma tutto il paese natale e gli abitanti dei Centri vicini e di Tagliacozzo, pur rispettando le sue decisioni, gli rendono onore come se fosse la festività del Corpus Domini, avverandosi il detto di Gesù: “chi si umilia sarà esaltato”.
La gente è commossa ma edificata e pur piangendo vede in lui un modello e già un intercessore. Nel sesto anniversario della scomparsa, gli abitanti di Villavallelonga lo ricordano con una grande croce al centro del cimitero e con la seguente iscrizione: « A ricordo e riconoscenza del Sacerdote di Dio / Don Gaetano Tantalo / che con raro esempio / della sua giovane vita / profuse indimenticabili tesori / di bontà e santità / onorando e nobilitando / il paese natio. / I concittadini tutti / innalzarono nel 6° anniversario / della sua preziosa morte. / Villavallelonga 13-11-53 ».
La tomba diviene mèta di pellegrinaggi spirituali e il 24 agosto 1958 si procede alla riesumazione della salma, per collocarla nella cappella Tantalo; per l’occasione molti conservano come preziosa reliquia le gocce del sangue fuoriuscite dalla bara e gli stessi residui lignei, mentre altri assicurano di aver visto sbocciare delle rose sul punto della fossa dove poggiava la testa di Don Gaetano.
Il XX, XXV e XXX anniversario della morte, come pure il 50° della ordinazione sacerdotale, segnano le date di solenni celebrazioni in suo onore, con la partecipazione delle maggiori autorità religiose e civili della Marsica.
Il 3 settembre 1980 è un giorno di apoteosi e di trionfo, perché si festeggia la traslazione delle sue spoglie mortali che vengono riposte in un sarcofago di marmo pregiato nella parrocchia dei SS. Leucio e Nicola di Villavallelonga. Il condiocesano Don Giulio Lucidi, durante l’omelia tenuta nella piazza del paese davanti ad una grande folla di popolo proveniente da Tagliacozzo e da numerosi altri paesi, oltre all’intera cittadinanza di Villavallelonga, non esita a definire la traslazione una tappa per il riconoscimento canonico della santità di Don Gaetano ed elenca le prove di Fede e le testimonianze di vita più che le sue parole, spoglio com’era di ogni retorica occasionale.
Il sarcofago del parroco eroico è ora mèta di pellegrinaggio e richiama molti visitatori.
All’inizio del processo canonico, il sacerdote Tantalo è stato dichiarato Servo di Dio sulla base delle virtù eroiche e, con l’impegno del Vescovo dei Marsi Mons. Biagio Vittorio Terrinoni, è iniziata la pratica per la beatificazione.
Il 15 marzo 1980, Giovanni Paolo II ha confermato con decreto il nulla osta (nihil obstat) della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi in merito all’avvio del processo di cognizione per la beatificazione e canonizzazione del servo di Dio della Diocesi dei Marsi.
Con la costituzione del tribunale ecclesiastico sono attentamente esaminate la vita, le opere e le grazie ottenute per sua intercessione e la causa può considerarsi solidamente fondata e legittima secondo il giudizio della predetta Congregazione che ha espresso il parere favorevole « sulla grande figura di un parroco eroico ».
La presidenza del Tribunale ecclesiastico è stata conferita a Mons. Domenico Polla, mentre quale postulatore è stato nominato Padre Berardino da Siena dell’ordine dei Cappuccini. Un ordine che influì molto sulla formazione spirituale di Don Gaetano, ispirata alla figura di Padre Filippo da Borrello e alle francescane regole di penitenza, nonché attestata dalla sua iscrizione al Terzo Ordine Francescano eretto a Villavallelonga nel 1944.
Da parte della famiglia Orvieto-Pacifici si è intrapresa l’iniziativa di accendere una lampada in onore di Don Gaetano nel Mausoleo degli Eroi a Gerusalemme e, tramite il governo di Israele, gli è stata attribuita la medaglia dei Giusti consegnata ai parenti; poi, il 7 marzo 1982, hanno piantato un albero in sua memoria nel Viale dei Giusti di Gerusalemme. Infine, per iniziativa di Mons. Terrinoni, la parrocchia di Villavallelonga ha realizzato una stanza di ricordi.
Al termine dell’excursus relativo all’iter terreno e alle testimonianze espresse da quanti lo hanno conosciuto e da chi lo ha letto o ne ha sentito parlare, possiamo concorrere ad affermare che l’Abruzzo è stato, per taluni, terra di briganti, ma queste montagne sono state anche rifugio di Santi antichi e recenti e, fra questi ultimi, le splendide figure di Santi giovani come quella del sacerdote Gaetano Tantalo.
Davanti al suo ritratto resta ora l’impegno di descrivere, sia pure in modo sintetico e non certamente esaustivo, le connotazioni essenziali del profilo spirituale quale si può ricavare dal provvidenziale “epistolario”, precisando le date delle lettere da cui vengono tratte le sue parole.
Una prima immagine di Don Gaetano è fortemente espiativa, interamente ispirata al Cristo e sensibile ai temi della tribolazione: “santifica i giorni precedenti l’ordinazione sacerdotale con una vita conforme a quella di Gesù” (5.8.30); “Gesù si è incarnato anche per amare con cuore umano” (23.12.29); “povertà e semplicità lo fanno più simile a Gesù” (30.10.29); “Gesù solo è Via, Verità e Vita” (10.9.35); “egli intende salire all’Altare come Gesù sali al Calvario” (5.8.30); “l’ideale è quello di trasformarsi in Gesù” (7.2.30).
Altre lettere vanno interpretate con il linguaggio dei mistici: “la visione degli ideali lo rende più vicino ai morti che ai vivi” (28.7.30); “la vita sacerdotale è un paradiso perenne” (7.31); “è bello piangere ai piedi della Madonna dell’Oriente” (22.7.45).
All’avvilimento per non aver trovato equilibrio tra la vocazione e le preoccupazioni esterne (1.3.34) risponde con la preghiera, il suo unico sostegno (11.2.46).
I poli opposti sono marcati: “nessuna gioia è perfetta quaggiù” (25.8.40); “ogni dolore va considerato alla luce della Misericordia divina” (9.5.30).
In alcune lettere assume la figura di guida spirituale: invita a perdonare chi ha fatto del male (28.3.30); “non bisogna essere zizzania” (7.37); “l’umiltà richiede esercizio” (10.9.35); “non siete Cristiani per vivere un giorno di esilio nel deserto della terra, ma per ritrovarci tutti insieme nell’eterna Pace della Patria celeste” (7.37).
L’immagine di Don Gaetano nella sua esperienza terrena è intimamente legata alla grossa corona, che teneva costantemente intrecciata fra le dita e offriva affettuosamente al bacio di chi lo salutava.
Nel processo storico che ha costretto l’umanità al secondo conflitto mondiale, di fronte alle particolarità nazionali e all’individualità che mette l’uno contro l’altro, si pone il problema della giustizia umana e sociale, richiamandosi all’unico Giusto che è Cristo, morto in croce per amore e per redenzione, e invoca la Madonna perché guidi la Patria per le vie della vera Pace (16.5.42); dopo un discorso di Mussolini che alla radio incitava gli italiani all’odio, egli annota: « con l’odio non si potrà mai vincere! », e ancor più esterrefatto rimarrà quando un sacerdote di Pereto « l’11 di Giugno 1944, mentre faceva la solenne processione Eucaristica nel suo paese, restò vittima, col Santissimo tra le mani, di un colpo di fucile, da parte di un fascista » (27.5.45).
Non v’e dubbio che Don Gaetano, con l’esempio e con la disponibilità verso tutti, ha saputo ispirare numerosissime testimonianze che ne illuminano la figura e contribuiscono a far conoscere la sua vera immagine. L’unanime consenso e l’incondizionato apprezzamento che il suo nome suscita, costituiscono l’indice più autentico di quel carattere di eccezionalità che accompagna la sua figura.
Alla luce dei fatti surriportati, dei dati della sua esistenza, delle testimonianze epistolari e specie alla luce del suo eroismo cristiano, trova conforto la voce del popolo, che vede nella vita di questo parroco un’esistenza tutta ispirata alla santità e coglie nel suo insegnamento la fonte inesauribile che sorregge e aiuta a superare le difficoltà di ogni giorno.
In una lettera a Don Enrico Penna (13.8.39) egli scrive: «avrei come violato un segreto, perché la tua lettera è indirizzata a un cielo, dove, sì, dovrei esser già salito, ma ancora, purtroppo pieno è il mio cuore di terra ».
Sembra la bella illusione della colomba kantiana, che immagina di volare assai meglio senza l’attrito dell’aria, perché non sa o non vuol sapere che l’aria, se da un lato ostacola, dall’altro rende possibile il volo medesimo.
Invece è la bella contemplazione di Don Gaetano che immagina la vita celeste dove si troverebbe assai meglio, se non fosse ostacolato dalla vita terrena; ma la terra, pur essendo un ostacolo alla perfezione, è anche il mezzo per raggiungere la Santità con una vita autenticamente cristiana.
Tratto dal libro “Storia di Villavallelonga” del prof. Leucio Palozzi
Loreto Grande - Eccellenza nella botanica
L’opera di Loreto Grande si colloca in originale sintonia con la flora dei monti marsicani che, nella parte orientale della Vallelonga, si presenta in ogni ricchezza e con infiniti corteggi floristici. La celebrità della flora locale è veramente antica e già si rileva in Virgilio che duemila anni fa ne attestò il primo elogio: “Marsis quaesitae montibus herbae”.
Un particolare attestato si ricava anche dall’analisi degli usi e costumi tradizionali che hanno indotto alla costituzione della cosiddetta “farmacia del buon Dio”, dove le erbe medicinali hanno occupato un posto di rilievo nell’intento di sollevare dalle preoccupazioni dolorifiche e di sostituire le medicine, un tempo introvabili, e poi riguardate con una certa diffidenza per le innumerevoli controindicazioni.
Altrettanto significativi sono i toponimi che hanno tratto la propria origine dalla varietà degli esemplari floristici ed entrano a far parte della storicità del paesaggio umanizzato.
L’opera di Loreto segna il passaggio dalle esperienze degli erboristi locali alla sistemazione scientifica delle conoscenze e dei reperti.
Il problema della sua collocazione va risolto nel quadro della storia naturale che studia le forme e le funzioni dei vegetali per una evoluzione della scienza botanica, italiana e straniera.
Prima di rilevare il valore e l’importanza dei contributi del Grande è opportuno delineare, sia pur sinteticamente, un suo profilo biografico che ha tratti veramente originali e meritevoli di essere conosciuti.
Il 20 aprile 1878, da una famiglia fra le più solide e numerose di Villavallelonga, vede la luce un bambino che al battesimo viene chiamato Loreto, dal nome del nonno paterno, come è antica tradizione in Paese. Il piccolo Loreto fin dal primi anni evidenzia una straordinaria intelligenza e un acume eccezionale nell’osservazione della natura che il luogo di nascita gli offre con ampiezza di specie e infinita ricchezza di esemplari. I primi gradi di istruzione confermano queste capacità e la prosecuzione degli studi pone al Grande la prima difficile scelta della sua vita.
La famiglia, in condizioni socio-economiche certamente mediocri, accetta con sacrificio il desiderio di Loreto, ma vorrebbe indirizzarlo verso gli studi ecclesiastici, perché meno onerosi e più sicuri, mentre gli studi pubblici esigono maggiori risorse ed una qualificata provenienza sociale. Invece, il Grande decide di iscriversi al ginnasio di Avezzano e manifesta i primi tratti della sua personalità: impegno per una libera finalizzazione degli studi, rifiuto dei condizionamenti esteriori, carattere volitivo e temperamento deciso, non disgiunto da una mente profondamente critica. Le difficoltà, però, non tardano ad arrivare e la sua è piuttosto un’avventura ed un continuo sacrificio.
Da Avezzano si trasferisce a Tivoli, dove un insegnante ironizza sul suo cognome e la reazione del giovane è tale da esigere un altro trasferimento, questa volta ad Arpino, dove termina gli studi liceali, concludendo in cinque anni un curriculum di otto anni.