Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM)
Il territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è costituito principalmente da un insieme di catene montuose di altitudine compresa tra i 900 e i 2.200 m s.l.m.
Lungo i versanti e le valli del Parco si possono ammirare le impronte delle glaciazioni che hanno lasciato ai nostri giorni circhi glaciali, morene e massi erratici sui Monti della Meta, sul Marsicano e sul Greco. Ancora più emozionanti appaiono gli enormi fenomeni erosivi prodotti dalle acque piovane e dai fiumi che, fessurando la fragile roccia, forgiano profonde gole, come quella della Foce di Barrea, una forra spettacolare di 5 chilometri di lunghezza attraversata dal fiume Sangro che, dopo aver formato l'omonimo lago artificiale, fragorosamente raggiunge la pianura alluvionale tra Alfedena e Castel di Sangro, tra vertiginose pareti verticali.
La morfologia del territorio è molto complessa ed elaborata, per cui nel contesto dei rilievi montuosi si aprono ampi altipiani come la distesa di Pescasseroli o suggestivi pianori carsici come quello delle "Forme" in comune di Pizzone e quello di "Campitelli" in comune di Alfedena, incassati nella ripida cordigliera delle Mainarde.
Tuttavia, quando si arriva nel cuore del Parco grande è l'emozione provocata dall'impressionante anfiteatro naturale della Camosciara molto simile, nell'aspetto e nella struttura, alle montagne dolomitiche, che racchiude nel proprio contesto la zona di Riserva Integrale. Da qualche anno è stata abolita la strada provinciale che consentiva l'accesso all'area per circa 3 km al traffico motorizzato, con grande disturbo per la flora e la fauna selvatiche. Oggi, invece, partendo dall'area di sosta, situata a fianco della SS Marsicana, oltre la riva destra del Sangro, è possibile godere del grandioso scenario percorrendo un comodo itinerario a piedi, accompagnati dai suoni della natura e lontano dagli assordanti rumori delle auto, moto e pulman. La catena della Camosciara, insieme alle contigue Val di Rose e Valle Iannanghera rappresentano i luoghi del "culto" della natura protetta, dove si possono osservare con meraviglia a pochi metri di distanza e in ogni stagione, stupendi esemplari del Camoscio d'Abruzzo, che grazie all'opera dell'Ente Parco, ha raggiunto oggi una consistente popolazione.
Lungo i versanti, quasi sempre impervi, si dipartono innumerevoli e ripide vallate come la profonda incisione della Valle del Sagittario che dopo vari chilometri di ripide strettoie si apre nella conca di Sulmona; o come la profonda Val Canneto, nel versante laziale, dove la ricchezza delle acque e il clima particolarmente umido ne fanno una delle valloni più ricchi di vegetazione forestale.
Il versante nord-ovest del Parco si affaccia nell'immenso altopiano lacustre del Fucino, prosciugato dal principe Alessandro Torlonia nel 1877 e trasformato in una vasta pianura agricola, ma recentemente sfruttata eccessivamente e degradata con l'aggravante massiccio inquinamento da pesticidi.
In questo versante la natura del Parco assume forme altrettanto caratteristiche, anche se diversificate rispetto all'Alto Sangro, con la splendida Vallelonga dagli infiniti itinerari che si perdono nei tramonti incantevoli della vastità dei Prati d'Angro; la ridente Valle del Giovenco dai climi miti e favorevoli per la coltivazione di gustosi fruttiferi; la Cicerana con le sue belle faggete alternate ad ampie radure, abitualmente frequentata dell'Orso ma che negli anni '60 del secolo scorso, sull'onda di una malintesa valorizzazione turistica, è stata oggetto di speculazioni edilizie. La pregiata area è stata successivamente riscattata dall'Ente Parco, con la demolizione di quelle strutture estranee e deturpanti.
l Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, ha guidato per conto del Ministero dell'Ambiente la procedura di candidatura a livello nazionale, con la consulenza scientifica dell'Università della Tuscia con il professore Gianluca Piovesan e Alfredo Di Filippo.
In Italia, il processo di adesione è nato dal basso (bottom-up), fortemente voluto dagli enti gestori e dalle comunità locali.
Le faggete selezionate per rappresentare stadi unici a scala continentale nei processi ecologici del'habitat faggeta vetuste ricadono in:
Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise;
Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi;
Parco Nazionale del Gargano;
Parco Nazionale del Pollino;
Comuni di Soriano nel Cimino e Oriolo Romano.
Sebbene l'Italia detenga il maggior numero di siti UNESCO, solo 4 di essi hanno ottenuto il riconoscimento per gli aspetti naturali (legati all'importanza geologica o all'eccezionale bellezza naturale).
Il riconoscimento UNESCO delle faggete rappresenta per l'Italia la prima iscrizione di un patrimonio naturale espressamente per il suo valore ecologico di rilievo globale.
L'importanza per il nostro Paese è altresì accentuata dal fatto che ben 10 delle 63 faggete europee iscritte al Patrimonio dell'Umanità nel sito seriale transnazionale ricadono in Italia.
Le faggete vetuste del Parco sono entrate nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO. La decisione è stata presa a Cracovia il 07 luglio 2017 durante i lavori della 41 sessione della Commissione per il Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, che ha deciso di estendere il riconoscimento già attribuito alle faggete dei Carpazi a quelle di altri 10 Paesi europei.
Diventano così 12 i Paesi Europei con la presenza di siti naturali di faggete vetuste iscritti al Patrimonio mondiale: Italia, Austria, Belgio, Slovenia, Spagna, Albania, Bulgaria, Croazia, Germania, Romania, Slovacchia e Ucraina.
All'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sono stati individuati 5 nuclei di faggeta per una superficie complessiva di 937 ettari, afferenti ai demani Civici di Villavallelonga (Valle Cervara), Lecce nei Marsi (Moricento), Pescasseroli e Scanno (Coppo del Principe e Coppo del Morto), Opi e Civitella Alfedena (Cacciagrande).
Tutti i siti ricadono all'interno di aree individuate come Riserva Integrale nella pianificazione della Legge 394/91 "Legge Quadro sulle Aree Protette" (corrispondenti alla categoria I dell'Unione internazionale per la conservazione della natura);
I cinque nuclei individuati si distinguono per la loro elevata naturalità, caratterizzata da un mosaico di forme strutturali appartenenti a tutte le fasi del ciclo strutturale della faggeta, e per la loro collocazione geografica lungo il crinale principale dell'Appennino.
I singoli siti si sviluppano in ambiente montano su calcari del mesozoico (ad eccezione della faggeta di Val Fondillo che poggia su Dolomia risalente al Lias inferiore).
Le faggete che hanno ottenuto il riconoscimento ospitano i faggi più antichi dell'emisfero settentrionale (560 anni) e la faggeta della Val Cervara è, attualmente, l'unico esempio conosciuto di foresta primaria in Italia.
Caratteristiche rilevanti di queste faggete sono l'elevato valore di necromassa, la struttura disetanea, l'assenza di interventi antropici, un livello complessivo di biodiversità elevato in funzione proprio della loro alta naturalità, la presenza di specie rare e caratterizzanti i siti complessi e di elevata naturalità.
Naturalmente queste foreste ospitano anche specie appartenenti alla grande fauna come l'Orso bruno marsicano, il lupo, cervi e caprioli, varie specie di Mustelidi (martora, faina ecc.), il rarissimo gatto selvatico;
Il Riconoscimento da parte dell'UNESCO porta a compimento un lungo lavoro, che negli ultimi 3 anni è stato coordinato dal Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise per tutti gli Enti italiani coinvolti.
Il Ministero dell'Ambiente ha preso atto di questa volontà e sostenuto la candidatura nei momenti salienti del percorso.
Come si ricorderà, i 10 Paesi europei, coordinati dall'Austria, hanno presentato l'iscrizione nella Tentative List dell'Unesco nel gennaio 2015 e presentato un corposo fascicolo di candidatura nel gennaio 2016, corredato dalle risultanze di anni di studio.
L'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale è il riconoscimento di un lungo lavoro di conservazione e di studio che i Parchi italiani fanno, dimostrando che con un lavoro di squadra e di rete si possono raggiungere risultati importanti.